Di anse, insenature, precipizi, vortici nel vuoto
estesi ed infiniti deserti di un tempo immobile,
la vista di questo mondo ruba i palpiti dall’incessante cuore:
-Bum bum-risuona, mai esausto.
Sul limitar del labbro provare a riempire uno spazio vergine di parole
sul limitar del ciglio, nella curva dove esso scompare, inarcandosi di carne,
lacrime dense di grigio raccolgono il loro dolore:
cantano, in coro, le esistenze sfuggenti in sè alitate,
cantano del sè, della danza di vita che esse sospinge
ignare del gesto e delle forme che -compiute in esse- saranno.
In una compatta unione che sa di eterno, in un attimo sospeso che sa di breve infinito battito del tempo.
A te ricorro così, sazia di estasi
pacati i fuochi della mia carne
brucianti sull’orlo della pelle
estesi fin nel basso ventre
in ogni dove tu, noi, Amore
riviva affamato quel che fummo, quel che siamo
quel che saremo sempre
fino a quando Morte, arresa, ceduta, sfibrata, esausta, strisciante, in sè stessa si compirà.