-Ululato-

L’ululato del terzo piano

mi precipita nel tuo mondo

mi travolgi, strattoni dolcemente in te

sembra che tu qualcosa voglia dirmi,

parlarmi da quel palazzone sospeso

sulla collina. Grigio e scalcagnato a me

si è sempre presentato, parlandomi,

in anticipo, di te che avrei incontrato.

*

Fiero nella mia infanzia a me dinanzi

di presagi inquieti mi sussurrava

l’esistenza, ed io lo miravo

come un mostro onnipresente dei

miei incubi piu’ tetri e neri.

Ne restavo avvinghiata ed affascinata,

da quel corpo di cemento entro il quale,

a breve, saresti stato tu.

*

Le vene del tuo corpo pulsanti,

di un verde cristallino e trasparente,

mi suadono, così le tue braccia forti

ed affusolate entro le quali mi abbracciavo.

Ora da quel terzo piano vento

impetuoso sei diventato e mi chiami.

In una tua folata volevi dirmi, parlarmi ed

io ascoltavo, mai troppo stanca di te.

*

Da quelle labbra leggermente aperte

sgorgava quel qualcosa che sembrava

solo per me, esser nato.

Un miele etereo che si vestiva della

tua voce squillante ed armonica.

Nebbia io diventavo per danzare

con quell’ululato di vento che eri tu.

*

Così mi aspettavi lì,

così io ti aspetto in ogni dove.

https://luciovaleineterno.wordpress.com/1997/07/12/per-la-mia-valeria

-Neon-

La luce del neon schiaccia

l’emozione nel cuore

E il cervello ne

risulta appiattito

Uno sforzo di esistere vi

pompa, così, aria e spazio.

Sollevate le mani dalla

tavola rifluisce nel corpo il sangue.

Ci pensa, si sofferma,

un sorso di birra

per ripiombare nella

normalità, lì dove

tutto è immobile

come quel neon.

-e non sono-

un rigagnolo di sangue segue la scia dei pensieri che vorrebbero essere accolti

e non sono

imprudente il tentativo segue i solchi tracciati dai passi decisi impetuosi che non chiedono

e si blocca l’essere sospeso nel non poter essere

e se potesse ritrovare nella fluidità amorevole di quell’occhio arreso alla domanda

un tempo di tenerezza già andato?

nell’umidità di quel vicolo rigettato affidare la fame d’amore

tagliare con la lama gelida del disprezzo quel che resta di possibile invano e sedare il turbamento esteso di una atavica indomita afona presenza

-Forse un giorno-

Forse un giorno cadranno parole

implementate nel mio cervello  da parole

d’altri. Forse un giorno, come cascata d’acqua

vivida e fresca, riempiranno la conca

di tante persone il cuore, arricchito così

il loro cervello, dalle mie, dalle lontane, non perdute

parole d’altre menti.

Sorgeranno così, dai loro cuori, nuove estasi

di delicati piaceri, di attimi appena appena sfiorati.

 

Forse un giorno, in questa vasta landa di rumorosa

solitudine, non sentirò piu’ il passo dei miei

ciechi miraggi affollare di me solo i suoi vivaci cicalecci